The New York Times pubblica domenica 28 novembre un articolo a firma David Segal che racconta di una esperienza d’acquisto online a dir poco traumatica.
- Clarabelle Rodriguez cerca su Google degli occhiali della sua marca preferita.
- Li trova, presentati ai vertici della ricerca organica,in vendita su Decormyeyes.com.
- Compera per 361,97 $ e si trova un conto 487 $. Uno degli articoli era esaurito e viene sostituito con un altro a maggior prezzo.
- Gli occhiali arrivano al cliente con una disputa in corso e sembrano anche falsi.
- La cliente protesta e viene letteralmente aggredita.
- Il fumetto, preso dal New York Times, rende bene l’idea.
Su GetSatisfaction, c’è un post di due anni fa che recita:
Chiarissima strategia.
Google annuncia una modifica nell’algoritmo di ricerca.
Il 1 dicembre 2010 Google pubblica sul suo blog Being bad to your customers is bad for business.
Amit Singhal, che firma il post di Google, analizza il caso raccontato qui sopra ed annuncia che Google prende immediati provvedimenti.
Google ha un gruppo di qualità regolarmente al lavoro per migliorare la ricerca di Google, che attualmente si basa su più di 200 segnali. Ci sono continui cambiamenti su base giornaliera o settimanale, e nel corso dell’ultimo anno ci sono state più di 500 modifiche.
Il risultato immediato è che DecorMyEyes è passato dalla prima pagina di domenica alla settima pagina di ricerca il giovedì.
Preservare l’opinione del consumatore.
Io credo che questo episodio non sia solo una nota di colore nel mondo dell’e commerce, della ricerca e della reputazione online, ma ponga della questioni interessanti e di non facile soluzione (non fosse altro perché tocca molti settori…)
Sulla “neutralità” di Google. Di fatto Google dimostra che non è neutrale e che tiene all’opinione del consumatore. Semmai Google è equidistante, tutti hanno le stesse opportunità, ma vuole che il suo algoritmo restituisca il più possibile le risposte migliori alle ricerche. Il link è considerato un voto positivo e tale dovrebbe rimanere in ogni caso.
Non so come si possa risolvere questo problema con un algoritmo. E’ vero che esistono anche i quality raters, persone che giudicano alcune serp, quelle più delicate e importanti, affinchè ci sia anche l’occhio dell’uomo e non solo gli automatismi di calcolo dell’algoritmo.
E se i venditori postano commenti negativi per affossare i concorrenti ? Scenario non impossibile e non improbabile, scenario che alcuni venditori che lavorano su eBay hanno cominciato a sperimentare.
La reputazione è fatta quindi di molte cose, links, menzioni sociali, tweets, commenti sul sito. La qualità del servizio si misura in mille modi, ma contano anche le dispute con PayPal e con le carte di credito, le controversie con il venditore, la qualità del servizio, i tempi e modi di consegna. Molti elementi sono oggettivi ed indubitabili (come nel caso raccolto da The New York Times), un numero ancor più grande sono gli elementi di giudizio soggettivi, impalpabili e legati alla percezione del consumatore.
Se da un lato è fuor di dubbio che l’opinione del consumatore va preservata, come fare che non sia falsata da interventi manipolatori? E come fare in modo che questa opinione corrisponda ad un criterio condiviso?