Il 1 ° gennaio 2021 si è chiuso il periodo di transizione tra Europa e Regno Unito, da quando è stata firmata la Brexit.
La fine del periodo di transizione significa l’effettiva separazione tre tra il Regno Unito e l’Unione europea.
- Cosa implica questa separazione?
- Quali nuovi standard sono in vigore dal 1 ° gennaio 2021?
- Quali strategie sono applicabili per vendere online dai venditori approdare nel Regno Unito per le loro vendite online transfrontaliere?
Perché vendere nel Regno Unito?
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L’impatto della Brexit
Brexit fa riferimento all’uscita di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’area dell’Unione Europea. Sono quindi interessati:
- Inghilterra;
- Scozia;
- Irlanda del Nord;
- Galles.
Non si esaminano le implicazioni geopolitiche di questa uscita, ma solo i cambiamenti che impattano sui venditori online che vendono in UK, tramite il loro shop online o via marketplace.
Cambia il metodo di riscossione dell’Iva.
Per tutte le vendite B2C con importo inferiore a £ 135, il venditore dovrà pagare l’Iva all’HMR, l’agenzia delle entrate britanniche e deve identificarsi su un portale governativo fornito questo scopo.
Questa registrazione fornirà un numero EORI che consente di eseguire procedure di sdoganamento a distanza.
Una volta ottenuto il numero EORI devi verificare se i prodotti che intendi esportare richiedono licenze e e certificati speciali. Attenzione ai prodotti alimentari e, in genere, ai prodotti deperibili.
Per inviare i tuoi prodotti, avrai bisogno di:
- Una dichiarazione doganale, CN22 o CN23 sul pacco
- Una fattura commerciale in 2 copie sulla confezione
- Un numero EORI
Questo portale verrà utilizzato anche per il pagamento dell’IVA.
Se non vuoi preoccuparti di questo, puoi designare qualcuno che gestisca questo elemento per te. A partire dal 1 ° gennaio 2021, questa persona deve comunque risiedere nel Regno Unito.
Cambiano anche le diciture da inserire in fattura
Su questi aspetti, che a volte sembrano minimi, l’invito è a porre attenzione, a leggere per raccogliere informazioni e ad affidarsi a consulenti legali e commerciali esperti.
Per quanto riguarda un progetto di ecommerce, tre casi possibili
1 – Piccola attività con poco interesse alla espansione in UK
Non è obbligatorio vendere in UK, il mercato europeo è sufficiente grande ed evoluto e ci sono opportunità da sfruttare, a partire proprio dal mercato domestico.
2 – Attività sviluppata in Italia che può svilupparsi anche all’estero.
Qui il tema è un po’ più complesso.
Per i retailer ci sono i problemi delle autorizzazioni alla vendita in altri mercati, che potrebbe essere regolamentata nelle condizioni di generali di contratto tra il produttore e il retailer.
Vanno anche considerati i diritti di riproduzione dei marchi, le proprietà intellettuali. Anche questi aspetti sono legati alla contrattazione con i produttori, che possono legittimamente mettere dei limiti.
Va anche considerato, al di là della vendita in UK, la predilezione di un consumatore locale che preferisce sempre comprare un prodotto con il packaging e le indicazioni adatte al suo mercato (soprattutto per beni di largo e generale consumo).
3 – Attività che già vende in UK con shop online o via marketplace.
Partendo dal presupposto di essere in ordine con autorizzazioni e diritti, va fatto uno schema delle attività e assegnata l’importanza che merita il mercato UK in funzione delle vendite fin qui ottenute sul totale delle vendite transfrontaliere e sulla gestione tra shop online e marketplace.
- Creare un magazzino localizzato in UK?
Una buona idea che ha dei costi importanti da sostenere. - Vendere tramite marketplace in UK?
Anche qui il costo sono i trasporti, i tempi, la località dove si trovano le merci. - Strutturarsi per fare da soli o avvalersi di società di spedizione e logistica che possono risolvere molti problemi?
Tutto questo può portare a rallentamenti delle attività, compresi i tempi di consegna che adesso passano obbligatoriamente dal controllo doganale.
Senza considerare il tema delle comunicazioni con i clienti che acquistano, le condizioni di recesso, le norme sulla restituzione dei beni.
Interessante fare delle valutazioni fra qualche mese
Ci sono diversi scenari possibili che hanno tutti la stessa probabilità di verificarsi, visto che Brexit non è la fine del mondo, ma influirà sui comportamenti dei consumatori.
E uno degli scenari possibili è che, a causa dei tempi di consegna più lunghi, dei problemi per abbandono degli acquisti e resi merce, il consumatore britannico diminuisca il suo acquisto all’estero e prediliga l’offerta interna.
In questo caso, la differenza può essere fatta dal brand, dalla qualità del prodotto, dal servizio e dal valore percepito del prodotto e del venditore.
Tutte cose importanti, ma anche costose da realizzare.
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