Qual è il futuro del self service nei negozi e come si concilia l’esperienza del cliente con la navigazione online, la ricerca nel punto vendita, l’ottimizzazione delle conversioni?
Il tema è molto intrigante e si presta a tante valutazioni.
E’ un problema che mi sto ponendo in questi giorni, perché sto affrontando una questione legata allo sviluppo della vendita in una catena di negozi, tra vendita locale e vendita online, tra percorso del cliente in negozio e contenuti online. Sono riflessioni ad alta voce, che non possono essere definitive e vanno prese come spunti di ragionamento che pongono all’attenzione alcuni temi.
La percezione del self service.
I consumatori ed i negozianti sentono che la funzione del self service sta cambiando, ma i due gruppi non vedono necessariamente le cose nello stesso modo.
Il libero servizio è stato storicamente percepito dai consumatori come qualcosa di migliore che aspettare in negozio in attesa di un dipendente, oppure, peggio ancora, che arrivi un commesso inesperto che non sa come comportarsi. Nessuno di noi vorrebbe che un commesso ci girasse intorno, mentre acquistiamo con il carrello tra le gondole del supermercato alimentare. Invece potremmo accogliere con piacere l’assistenza di un addetto alla vendita quando compriamo abbigliamento di fascia alta.
Questa prospettiva sta cambiando. Se i consumatori si rivolgono alla propria tecnologia – i propri smartphone – per ottenere l’accesso a qualsiasi informazione di cui hanno bisogno, cominciano anche a chiedersi perché si sono presi la briga di venire in negozio.
- Il self service sparirà dai negozi basati sulla convenienza e sui prodotti di massa? Probabilmente no.
- Il self service invaderà i consumi di fascia alta? Probabilmente no.
Ma in mezzo c’è un bel po’ di terreno e di esperienza del cliente da considerare.
Prospettive datate.
Il problema è che ci sono un sacco di rivenditori che abbracciano la vecchia prospettiva che i consumatori vogliano più self service. Questo è un punto di vista datato, sia che si pensi alla vendita in negozio, che si apra uno shop online.
Se, io consumatore, posso ottenere la stessa esperienza, o una migliore esperienza dal mio computer a casa, o anche dal mio smartphone nel parcheggio del negozio, nella strada commerciale, perché dovrei aver bisogno di andare nel negozio?
Soprattutto quando il commerciante apre un negozio online e passa da una dovizia di informazioni gestite in negozio, al nulla cosmico sui prodotti online, giustificando il tutto con l’affermazione che le persone online “non leggono”. Oppure quando si pensa alle esperienze multichannel ed omnichannel, come a qualcosa di indistinto legato solo a strumenti tecnologici, al di là dei contenuti. Non si portano le persone nel proprio negozio e si regalano alla concorrenza…
I negozi dovranno cambiare.
Self service differenziato.
Se i retailers vogliono offrire il self service -e c’è uno spazio enorme per il self service e per negozi che non possono avere altro dal libero servizio, dovrà essere qualcosa di diverso da quello che il consumatore possa ottenere con il suo smartphone. Interazione con schermi più grandi, interazione con prodotti fisici in spazi digitali, realtà aumentata, come se il telefono del consumatore fosse un telecomando.
Anche i contenuti dovrebbero essere differenziati.
Oggi, nella vendita alimentare, i clienti hanno meno informazioni online sul prodotto di quanto ne trovano sullo scaffale del negozio, che poi cambia continuamente layout espositivo.
- Se i contenuti online raggiungeranno la parità con i contenuti nello store, l’esperienza del negozio deve essere compensata con informazioni che non si possono facilmente trovare online.
- Se i negozi online cominciano a personalizzare la navigazione dell’utente, ad esempio con “completa la tua ricetta” per i prodotti alimentati ed altre esperienze simili che spostino l’acquisto dal semplice catalogo espositivo e lo trasformino in altro, anche il negozio deve trovare un suo specifico linguaggio per parlare al consumatore e nuovi concetti espositivi.
Sono i consumatori che portano l’online nei negozi, perché l’hanno in tasca, nei loro smartphone.
E più consumatori porteranno l’online in negozio, più il negozio dovrà dare di più, sotto forma di tecnologia abilitante, se vuole rimanere rilevante.
Cosa hanno i negozi che non hanno gli shop online?
La risposta semplice è: i dipendenti. Ma questo è un valore differenziante solo se i dipendenti, gli assistenti alla vendita, aggiungono valore all’esperienza del cliente. Se c’è scarsa motivazione, poca o nulla formazione, alto turnover, è certo che porteranno poco o nulla ad una esperienza che il cliente non possa fare da solo con il suo smartphone.
La tecnologia in negozio può aiutare i dipendenti ad agire come attori consapevoli, ben formati, in grado di fornire alto servizio nella esperienza di acquisto. E questo è molto diverso dall’investimento in tecnologia per il self service.
I rivenditori con esperienza nel servizio di qualità, si stanno muovendo in questa direzione, se già non lo sono. Ed è interessante notare come questo sia un fenomeno quasi sotterraneo nella trasformazione della rete vendita, che potrebbe emergere a breve nel suo valore.
Il self service, nel senso di forzare il consumatore a fare tutto da solo, potrebbe avere poco futuro, se un consumatore con il suo device, desktop o mobile nel confort di casa sua, può creare una esperienza migliore di quanto può esser data in negozio, accompagnato dallo stesso device.
La percezione dei consumatori sta cambiando e i negozianti dovranno tenerne conto.