Brian Solis pubblica un articolo – Social Business Takes a Human Touch, No Really – affermando che il social business e le strategie sociali come le abbiamo fino ad oggi definite, si estendono in idee diverse da quelle che consideriamo consolidate al nostro modo abituale di pensare.
Siamo abituati a definire termini che vorremmo comprensivi di ogni realtà, perché se diamo un nome alle cose siamo sicuri di comprenderle meglio. Definire per rendere comprensibile prima di tutto a se stessi.
La questione è molto seria e si presta a molte considerazioni, soprattutto quando ogni discorso sulle strategie si coniuga con una marea di informazioni e viene richiesta la competenza di uno “stratega sociale” per articolare la natura e le declinazioni possibili del business. Non c’è strategia sociale o social business che possa essere racchiuso in una definizione o in un unico livello di comprensione, a meno di non costruire il giusto contesto in cui sviluppare la strategia sociale.
Questo significa che ognuno ha un ruolo preciso e compiti che vanno al di là della semplice enunciazione: “abbiamo bisogno di una migliore stategia sociale”.
Il ruolo della Leadership
Il ruolo dirigente di una organizzazione ha compiti precisi che non si possono limitare alla gestione ordinata dell’esistente. Le buone idee possono arrivare da ogni livello dell’organizzazione, ma la leadership ha il compito di incanalare una visione per il futuro.
In termini di responsabilità è il compito maggiore: “dove stiamo andando ?”
La Leadership è anche il luogo dove la cultura dei social media deve essere definita, perché se è vero che la cultura dei social media può anche sorgere da qualsiasi luogo, non può certo prosperare a lungo ed espandersi se non c’è leadership che crede in essa.
A livello di Leadership c’è quindi bisogno di una strategia sociale e di una visione del social business di lunga durata, non basata sulla soddisfazione immediata e sul risultato a breve. C’è bisogno che la strategia sociale sia messa in forma e che illustri un percorso da seguire, che mostri cosa si crede sia vero, e che indichi quello che si vuole cambiare.
Il ruolo del management
A livello intermedio di una qualsiasi organizzazione -anche una piccola impresa – c’è bisogno di un piano a più breve termine – sei mesi, un anno – che punti a cosa bisogna fare e come farlo. Come possiamo costruire sistemi, che coinvolgono persone e processi, che ci aiutino a realizzare quello che abbiamo immaginato a più lungo termine ?
Qui non c’è solo un problema tecnico da risolvere – quali sono gli strumenti che ci permettono di integrare le attività una all’altra -, ma c’è maggior necessità di definire un allineamento di tutta l’organizzazione per essere sicuri che ognuno si muova nella direzione di tutti.
Non si tratta di applicare una nuova routine.
Molto probabilmente c’è anche da fare formazione e condivisione, per togliere dubbi, per essere convinti dell’importanza di quello che si fa.
Il ruolo dell’esecuzione
Qui è dove, realisticamente, si pianta ogni strategia sociale. Tutti i discorsi, strategie di lungo periodo, progetti a medio, formazione, consulenza, si parcheggiano poi nell’esecuzione per mille motivi. Tempo insufficiente, risorse non definite, poca fiducia nei risultati, incapacità di misurare le metriche.
Il problema fondamentale è di tipo culturale.
L’esecuzione non è solo fare una cosa, ma capire cosa facciamo. E riconoscere che nessuno comprende meglio le sfumature, i problemi, le difficoltà, i successi insperati ed i dettagli cruciali (il diavolo si nasconde nei dettagli) di coloro che hanno i compito di portare avanti e strutturare ogni giorno un progetto.
Se le questioni del nostro business sociale non entrano anche in questo livello, come in ogni altro, continueremo a parlare di idee e teorie al vento.
E’ necessario un ripensamento ?
Delle due l’una. Siamo convinti che le stategie sociali siano una spruzzata di social sull’attività ordinaria, oppure crediamo che una strategia sociale rifondi un modo di pensare ed operare a lungo termine.
Io non credo che “social” sia la sola ed unica risposta.
Credo che “social” sia una sorta di catalizzatore che ci costringe ad esaminare come le nostre attività e tutti gli elementi di business lavorino meglio.
Le domande possono essere tante.
E’ meglio ripartire con nuovi fondamenti, oppure rimodellare quello che si sta facendo ?
Quali sono le cose da smettere di fare e quali dovranno esser fatte in modo diverso ?
Modifiche non certo facili da fare, con forte ripercussione su come lavorano le persone, sulle cose che sentono di fare, sulla loro formazione ed adesione convinta ad un progetto aziendale, con ogni inevitabile ripercussione.
Non serve ostinazione, ma lavoro di lunga durata
Vince l’applicazione metodica e paziente, a patto che l’evoluzione della strategia sociale per il business avvenga in molti luoghi e a tutti i livelli.
Già oggi c’è attrito e difficoltà, perché ci sono attività che emergono sopra le altre per le loro caratteristiche “sociali” e ci sono aspetti molto più difficili del cambiamento possibile che vengono sottovaluti, come la comunicazione tra le parti e la formazione.
Come fare perché tutto funzioni in modo sufficientemente armonico ? La domanda a cui non ho risposte è sempre: a cosa assomiglia e come definire questo nuovo modello di business ? Credo si tratti davvero di uscire dagli schemi ideologici (i consigli per gli acquisti di una strategia sociale che funziona) e lavorare sulla perseveranza, sul lungo periodo, sulla cultura d’impresa e la formazione in azienda.
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