Si può riflettere con calma su cosa è successo alla vendita online e al retail nel recente periodo e quali possono essere gli sviluppi futuri?
Ho sufficiente certezza per affermare che il recente passaggio dalla vendita al dettaglio in negozio all’online sia stata una reazione immediata alla particolare situazione vissuta da milioni di persone in quarantena forzata.
Un fenomeno di reazione è qualcosa di improvviso che fronteggia una situazione inaspettata. Un fenomeno intenzionale è qualcosa di più duraturo. Perché l’ecommerce si consolidi e cresca ancora, deve passare da manifestazione di reazione a intenzione consolidata.
Dopo la quarantena
Dopo la prolungata chiusura, i negozi in centro, i centri commerciali di grande dimensione, i piccoli centri commerciali presenti nelle città sono in riapertura.
Per un paio di mesi, lo spostamento delle persone è stato scomodo e vincolato a disposizioni precise.
Le strade si sono svuotate e oggi si riempiono di nuovo.
La distanza sociale è stato un problema di salute pubblica. Oggi si vedono già comportamenti pre-Covid. Ritornano le abitudini consolidate e anche le pratiche personali e familiari seguiranno questa tendenza.
Luoghi centrali e agglomerazioni.
La gerarchia urbana è stata spiegata a fine 1800 dalla teoria dei luoghi centrali sviluppata da Walter Christaller, usata anche per spiegare i bacini di influenza.
Ogni servizio o bene è prodotto e venduto in un determinato luogo, solo se esiste una domanda in grado di rappresentare una massa critica, sufficiente per offrire il servizio in condizioni di efficienza. Per un negozio di alimentari il bacino geografico di utenza è minore del bacino geografico di una gioielleria. Questa teoria e le successive elaborazioni spiegano anche i criteri di distribuzione nello spazio fisico non solo dei negozi, ma anche dei marchi venduti nei negozi.
L’altro concetto che spiega le strategie di sviluppo del commercio al dettaglio del XX secolo è l’agglomerazione.
Quando le imprese, i servizi e le persone si localizzano nelle città e nei distretti industriali si crea agglomerazione. I comportamenti dei consumatori sono influenzati dall’agglomerazione e, prima ancora, dalla densità da cui nasce l’agglomerazione.
Alla fine della quarantena, se la densità torna nelle vie del centro, nelle zone e nei centri commerciali, inizieranno i viaggi di shopping, cresceranno le vendite in questi luoghi, riprenderà l’acquisto multi prodotto.
Segnali positivi e segnali negativi.
Stiamo tornando a vivere con quello che è rimasto in piedi e la crisi economica che stiamo solo intravedendo potrebbe essere impressionante. Chissà come valuteremo tra dieci anni le scelte fatte in questi giorni che potrebbero aver distrutto l’economia di intere nazioni.
Questo non è un post di polemica politica e, per quanto difficile, si cerca di immaginare cosa cambierà nel commercio, una attività sociale umana sempre legata allo spazio fisico anche quando si sviluppa online, almeno fino a quando le merci si teletrasporteranno con la sola forza del pensiero.
Le città in cui viviamo sono degli spazi vivi che si modificano sempre.
Quali sono oggi alcuni elementi profondi che stanno cambiando lo spazio fisico delle città?
In questo periodo, alcune tendenze già in atto hanno subito una accelerazione.
- Il lavoro a distanza.
- I giochi online e l’ e-sport.
- Le conferenze dal vivo.
- L’istruzione online.
- L’utilizzo diverso del tempo libero.
Come cambia la città a causa di questi fenomeni?
Facebook ha deciso che i suoi impiegati possono lavorare da casa fino a fine 2020.
Google non arriva così distante, ma si tiene prudentemente larga verso l’estate.
Twitter invece ha deciso che gli impiegati potranno lavorare da casa all’infinito.
Github lo fa da sempre.
Questo fenomeno coinvolge anche molte altre aziende, altri spazi e città nel mondo e non solo la Silicon Valley, ma anche aziende a noi vicine e che tutti conosciamo bene.
Il passaggio dal coworking allo smart working non comporta solo un modifica degli spazi e una revisione dei rapporti personali, oltre alla scomparsa del mito del biliardino che troneggia negli open space.
Rivedere gli spazi organizzativi interni e gli spazi pubblici degli uffici, significa anche cambiare il volto e il destino delle città.
- Perché dovrei vivere a Milano (o in qualsiasi altro luogo centrale), con quello che costa, se posso fare la stessa cosa da casa?
- Perché pagare di più le persone per spostarle a Milano, San Francisco, Dublino o altrove dove tutto costa di più a causa della densità e dell’agglomerazione?
Un fenomeno piccolo, ma molto significativo.
Durante la quarantena forzata sono cresciuti i consumi di prodotti elettronici, assolutamente indispensabili per lavorare, socializzare, divertirsi.
Questo aumento improvviso di vendite ha anche provocato, per la prima volta, un aumento dei prezzi al consumo in un settore che è sempre stato caratterizzato dal prezzo decrescente.
Questi acquisti sono stati la porta di accesso per lavorare, socializzare, divertirsi
La domanda principale riguarda la politica, il governo della città.
Le città possono cambiare, le città cambiano.
La classe politica che ci governa comprende che l’agglomerazione di cui preoccuparsi non riguarda più la sola gestione degli spazi fisici?
Negli anni ’80 è stato fatto un errore concettuale importante: non ci si è resi conto della modifica delle agglomerazioni in corso.
È successo che, a fronte della crescita di domanda di spazi commerciali, si è pensato di togliere abitazione dal centro delle città, per riqualificare i centri urbani.
In seguito i centri urbani sono stati modificati e portati in una dimensione ideale, senza storia e senza abitanti e si sono concesse metrature e volumetrie commerciali esagerate all’esterno delle città.
Troppa superficie commerciale.
A distanza di 20/30 anni, la scelta di aumentare in modo indiscriminato la superficie commerciale, ha prodotto Centri commerciali mezzi vuoti, vie periferiche con spazi commerciali invendibili e non affittabili, mancanza di traffico commerciale, pochi servizi, ancora meno abitanti.
La cosiddetta apocalisse del retail è più un effetto del ridimensionamento degli spazi commerciali il cui costo è diventato insopportabile, che uno spostamento generale dei consumi dall’offline all’online.
Problemi del retail.
I problemi esistenti del retail saranno aggravati a breve dal calo della domanda unito all’eccesso di offerta causato dalla chiusura di due mesi di attività, più che dalla crescita della vendita al dettaglio online. I problemi riguarderanno sia il calo delle vendite, che le offerte di immobili commerciali e la riscossione dei canoni di locazione.
Non solo. Il numero di persone impiegate nel commercio in punto fisico è stato a lungo un ammortizzatore sociale per collocare persone in uscita dall’industria. E il commercio in area pubblica, il commercio ambulante, è stato il modo in cui si sono gestiti gli inserimenti dell’immigrazione nel commercio.
Il numero totale delle persone impiegate nel retail, anche prima del Covid-19, era però in costante riduzione.
In funzione di questi fenomeni, si potrebbe ipotizzare che la crescita percentuale delle vendite online sulle vendite totali, non avvenga per conquista di nuovi consumatori, ma per l’arretramento del commercio tradizionale.
Inoltre l’occupazione tradizionale al dettaglio è collegata ad un mercato in discesa e mantiene una relazione inversa con l’ecommerce.
I cambiamenti della vendita al dettaglio lungo 100 anni.
All’inizio del XX secolo le merci erano vendute da piccoli rivenditori locali dietro un bancone, con una limitata varietà di articoli disponibili.
Alla fine del secolo scorso la vendita al dettaglio è diventata produttiva ed efficiente, soprattutto in alcuni segmenti.
Supermercati con auto-scansione dei prodotti, gamma sempre più vasta delle offerte e presenza di grandi società internazionali di produzione e vendita, incontrano consumatori più consapevoli, più mobili che si recano in auto nei luoghi dell’acquisto.
Come si comporterà il retail fisico e digitale?
A mano a mano che riapriranno le economie locali, il dettaglio fisico riconquisterà qualche posizione e arretrerà la posizione del commercio online.
Purtroppo la crisi economica ed occupazionale potrebbe colpire duramente e in questo momento il retail non espande la sua capacità di assumere persone. Una crisi economica si potrebbe prolungare ben oltre l’emergenza sanitaria e la vendita online non è attrezzata, al momento, per affrontare periodi prolungati di difficoltà.
Il compito delle vendite online.
Oggi il compito delle vendite online è lavorare per potenziare le operazioni e le infrastrutture che diventeranno la base almeno per i prossimi 20/30 anni. Questo avverrà anche affrontando un mercato del lavoro fratturato.
Da febbraio 2020 alcune grandi organizzazioni di logistica e vendita online hanno assunto migliaia di persone. Ma questo numero non sarà mai pari ai milioni di persone che lasceranno il lavoro nella vendita al dettaglio, in Italia, Europa, Stati Uniti.
- Cosa succede quando si smette di frequentare i negozi?
- Cosa succede quando i centri commerciali non avranno una domanda più sufficiente?
L’agglomerazione è ora digitale.
Il retail sta affrontando questa estate 2020 con restrizioni sanitarie, distanza sociale, attenzione alta alle disposizioni governative. Per molte attività si prospettano soluzioni di vendita su appuntamento.
L’assieme di queste condizioni potrebbe generare due tendenze:
- l’ora di punta dello shopping potrebbe non aver bisogno della forza lavoro di ieri;
- I prossimi tre mesi ci diranno se torneremo indietro nella convinzione che la vendita al dettaglio funzionerà come una volta.
E mentre, un po’ alla volta, cambia l’uso della città e gli immobili commerciali e di servizio avranno un loro destino, l’agglomerato digitale è qui ed è qui che si vedrà la prossima crescita.
C’è un punto di non ritorno?
Se il retail fisico ha seguito il traffico veicolare e pedonale, così il retail digitale seguirà il traffico online: minori lavoratori che si spostano, minori studenti universitari nelle sedi tradizionali, maggiore traffico online.
Le cose cambiano, le linee evolutive potrebbero non essere lineari e procedere per accelerazioni e frenate. È già successo e succederà ancora.
A questo punto il ruolo della politica non è neutro e non è quello di un osservatore assente. La politica interviene sempre come regolatore tramite le imposte e le tasse, sempre che comprenda lo scenario in cui tutto si sta muovendo e riorganizzando.
Per settimane i venditori online – i venditori rimasti aperti con la vendita online e in grado di operare in un clima di difficoltà – si sono meravigliati della sorprendente performance delle vendite online. Con loro si sono meravigliati anche consulenti e agenzie. La realtà è che non c’era molto da meravigliarsi, visto che la crescita è stata appannaggio di poche categorie.
Questi stessi venditori dovrebbero essere pronti a comprendere un rallentamento delle vendite online che arriva ora con l’estate. È difficile che nei prossimi tre mesi la vendita online raggiunga, su tutte le merceologie, le altezze previste dall’entusiasmo diffuso a piena voce in questi giorni.
Allo stesso modo è difficile immaginare prospettive a lungo termine per molti rivenditori tradizionali, senza una forte economia ecommerce da parte loro.
Ci stiamo avvicinando ad un momento particolarmente importante e divisivo.
Se la curva a J accelerasse dovremo prepararci ad una ricaduta importante nel settore immobiliare commerciale e nel mercato del lavoro.
Il nostro mondo, l’Occidente, si sta spostando verso una economia di ecommerce, perché tutte le analisi concordano nell’ipotizzare continue chiusure di negozi al dettaglio fino al 2025, nell’ordine di centinaia di migliaia considerando Europa e Stati Uniti.
Non ci sono grandi soluzioni e tutti gli annunci sui cavalieri bianchi che salveranno i negozi in difficoltà e combatteranno contro il cavaliere nero (oggi rappresentato da Amazon), come il nuovo Google Shopping o l’ancora più nuovo Facebook Shop non modificano linee di tendenza consolidate.
Il nuovo agglomerato è su Internet, non nello spazio urbano.
- Per lo spazio urbano dovremo preoccuparci di preservare l’unicum della città italiana, con i palazzi civili e religiosi uno di fronte all’altro in una piazza che è il simbolo della democrazia e dello spazio di raduno dei cittadini. È un valore che abbiamo diffuso in Occidente e che per me significa anche che il valore della libertà che supera ogni idea di controllo sociale. Un valore che connesso al contatto sociale, non alla atomizzazione del lavoro solitario.
- Per la vendita al dettaglio bisogna immaginare nuovi modi di rappresentazione delle merci, nuovi modelli di organizzazione e soprattutto aumentare l’attenzione alla gestione delle operazioni.
Ultimo esempio, per ora.
Due mesi di vendita online di prodotti alimentari in periodo di quarantena hanno mostrato come sia complessa la gestione di questa vendita, che non trova uguali in altri settori.
Mostra anche come vada rapidamente in crisi il modello di organizzazione online che replica la costruzione identica del supermercato fisico.
È bastata una pressione minima, di pochi giorni con qualche picco di domanda, per rendere evidente che
- gestire contemporaneamente prodotti secchi, a peso, a taglio, freschi e congelati;
- impostare prezzi diversi tenendo presente le aree di provenienza del compratore;
- ripetere le promozioni tradizionali del retail alimentare;
- preparare, comporre, appartare e consegnare la spesa al cliente
è una attività di complessità assoluta non riscontrabile in altre vendite.
Qui non ci sono margini e si può fingere che sui margini non ci sia interesse perché l’obiettivo è la crescita della vendita. Ma si è visto benissimo come tutto si sia arenato sulle operazioni e non c’è crescita se questo modello non viene innovato.
Un ragionamento simile si può estendere a molte merceologie e a molti modelli di business online.
C’è molto più da reinventare che da proseguire, pensando che tutto sia già deciso.
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