Ne succedono di tutti i colori.
Clienti che restituiscono prodotti affermando che sono difettosi e non lo sono. Hanno usato il prodotto, si sono divertiti e ora lo restituiscono.
Venditori penalizzati perché non rispondono velocemente a richieste a volte assurde.
Clienti che lasciano il feedback solo per lamentarsi.
Clienti che minacciano il feedback negativo per avere sconti.
Vendite che andavano bene ieri e che oggi sono in calo.
Questo è solo un campionario delle lamentele, motivate e non inventate, dei venditori che lavorano su marketplaces come eBay e Amazon.
Capisco ogni singola lamentela, ho fatto il venditore per molto tempo, non c’è progetto che conosca che non senta come parte della mia esperienza.
I marketplaces sono focalizzati sul compratore.
I marketplaces lavorano per servire meglio il compratore. Se chi compra si sente protetto e seguito, continuerà ad arrivare sul marketplace per cercare facilmente i prodotti di suo interesse, possibilmente a buon prezzo.
I clienti dei marketplaces sono i consumatori, non i venditori.
Bisogna riconoscere che i marketplaces “viziano” i consumatori per adattarsi ai loro desideri e questo sta causando un cambio profondo delle regole del gioco.
Non è più il venditore che dice: mio il pallone, mio il gioco, mie le regole.
Il fatto importante è che le aspettative dei clienti sono incoraggiate dai marketplace e le aspettative dei clienti sono destinate a aumentare.
I marketplaces crescono.
Le dinamiche di crescita delle vendite online spingono in questa direzione.
- Amazon in US rappresenta il 43% del totale delle vendite online.
- L’ecommerce negli Stati Uniti è il 9% delle vendite totali con un aumento del 15,8% anno su anno
- Il tasso di crescita combinato dei primi 10 ecommerce US è il 27,3% con Amazon che cresce, anno su anno, del 32%
Ma non è solo un quadro che si dipinge negli Stati Uniti. È un cambiamento che si produce ovunque.
La cosa molto interessante è che questo cambiamento, che parte dalle vendite online, impatta fortemente anche nelle vendite in store. Non saranno le vendite online a prevalere, ma cambierà molto il modo in cui si vende. Ovunque. Online e in negozio.
Cambiamenti inevitabili.
I grandi venditori, coloro che aggregano molti prodotti, stanno capendo che il loro ruolo nel mondo governato dall’eCommerce, nel nuovo retail che avanza, non sarà più lo stesso.
Non possono più pensare di rivendere ad altre centinaia di venditori, che vorrebbero anche vendere online, con i livelli di concorrenza che presuppone l’online.
Le centinaia, le migliaia di negozianti, quando anche fossero online, non riusciranno a vendere le merci dei distributori.
I distributori ormai pensano di tagliare i loro rivenditori.
Se non è un comportamento moralmente accettabile, è il comportamento più sicuro per la loro sopravvivenza a lungo termine.
Anche le marche e i produttori sono nel turbine del cambiamento.
La vendita diretta va in concorrenza con la loro distribuzione e le marche tagliano i distributori.
Cambia anche il concetto di brand.
I brand iconici sono pochi e la loro presa su tutto il mercato sta cambiando. Sono passati gli anni in cui aziende di media struttura, con una buona campagna di sell in, potevano definirsi brand.
Oggi siamo in una situazione che un buon prodotto, offerto a buon prezzo, ha molte possibilità di avere successo e i marketplaces offrono una piattaforma dove le piccole marche possono competere sulle quote di mercato, senza i budget di marketing di cui avrebbero bisogno se fossero da sole sul mercato.
Non puoi fermare il mare con le mani.
La distribuzione commerciale continuerà a cambiare e sarà sempre più guidata dalle aspettative dei consumatori, supportate dai marketplaces e dalla mutata natura delle reti di distributori e fornitori.
La distribuzione continuerà a cambiare nei prossimi anni. Se sei nella vendita, non puoi evitare di rimanerci senza una tua precisa strategia.
O ti adatti e sfrutti i marketplaces con nuove strategie o potrebbe mancare l’acqua su cui galleggiare.
Puoi decidere di non vendere sui marketplaces, soprattutto se i risultati non sono incoraggianti, ma non puoi cambiare la direzione che hanno preso le cose.
I marketplaces continueranno ad adattarsi alle esigenze dei clienti e questo è indipendente dalla natura potenzialmente monopolistica di Amazon, dalla organizzazione di eBay o dalle condizioni degli altri protagonisti.
Quello che hai immaginato fino a ieri -la vendita online è un canale aggiuntivo e a disposizione di tutti, a cui accedere facilmente con la promessa di visibilità e vendite senza fine, non è vero (ma lo è mai stato?).
E soprattutto, non sarà il tuo ecommerce che sovvertirà il modo in cui sta cambiando la distribuzione e la decisa prevalenza del compratore sul venditore.
1 – Che fare?
Inizia a mettere a fuoco le cose che controlli.
Devi avere sistemi efficienti, procedure controllate e devi essere efficace con il livello più basso possibile.
Se le politiche a tutela dei compratori scalfiscono i tuoi margini, ripensa al tuo lavoro, ai tuoi prodotti e analizza con distacco quello che fai. Non puoi trovare soluzioni dove non ci sono margini e su prodotti che non puoi controllare.
Se non puoi gestire tutto il tuo catalogo, lavora con una parte di esso.
Potrei dirti di abbassare le aspettative in alcune aree e di cercare nuovi prodotti e nuove nicchie altrove.
Non prenderlo come un discorso supponente. So bene come funziona la coazione a ripetere sempre lo stesso errore e ho passato una vita a scottarmi con prodotti, idee e speranze disattese.
Ma proprio per questi motivi, se vuoi continuare a vendere sui marketplaces, devi accettarli per quello che sono.
2 – Che fare?
Rimborsi.
È vero, alcuni clienti abusano di ogni possibile vantaggio. Ma non tutti i clienti lo fanno. I consigli sono banali e non pretendono di essere risolutivi.
Utilizza corrieri tracciati, utilizza strumenti di terze parti per agganciare le tue spedizioni e sii estremamente chiaro nelle tue policies su cosa può e non può essere rimborsato. Fornire informazioni molto precise sulla propria politica è una posizione che può essere sostenuta e che aiuta ad evitare alcuni fastidi.
Indicatori unici di prodotto.
I marketplaces vogliono che i prodotti abbiano indicatori unici di prodotto.
Oggi anche eBay chiede gli indicatori unici.
Si stima che Amazon avesse a maggio 2016 12,2 milioni di prodotti venduti direttamente (esclusi libri, vino e media) e che ci fossero 353,7 milioni di prodotti di venditori di terze parti. Tutti questi numeri escludono le varianti.
Immagina che non ci siano i codici unici di prodotto: la situazione sarebbe selvaggia e ingestibile.
Eppure, nonostante la pretesa dei codici unici ci sono ancora grandi incongruenze su molti prodotti e la procedura per la modifica e la messa in ordine dei codici è farraginosa.
Poi si scopre un marketplace rigoroso come Eprice che adotta una politica di controllo efficace e precisa.
Da questa regola, però, non si scappa. Evita quindi di ricorrere a codici fasulli, iscrivi la tua azienda a GS1 Italy e prendi codici a barre legittimi.
Metriche da rispettare.
Le metriche da rispettare sono il modo in cui funzionano i marketplaces.
Se l’obiettivo sono le esigenze dei compratori, le metriche sono il modo in cui i venditori sono forzati a comportarsi, se si vuole che i compratori tornino a comprare.
È molto duro da accettare, ma se il marketplace non forza i venditori a piegarsi, non mantiene alta l’esperienza del cliente.
Anche qui ci sono modi diversi di farlo e ancora una volta segnalo Eprice per una maggiore considerazione per il venditore.
Recensioni.
Chi lavora con eBay è abituato a ricevere molti feedback. Per qualche recondito motivo il feedback su eBay sembra una tradizione che si trasmette e il numero delle valutazioni è sempre molto alto.
In realtà il comportamento umano prevede che le persone alzino la voce e protestino quando le cose vanno male e rimangano intimamente soddisfatte quando tutto va bene, senza che sia necessario diffonderlo.
Se vuoi recensioni devi meritarle e chiederle nel modo corretto ai tuoi clienti, sempre per evitare di incorrere in errori sulle policies di richiesta.
Infrastruttura dedicata.
Vendere sui marketplaces è difficile. Non è vendita automatica, la merce non esce da sola dagli scaffali e sei anche tenuto a spendere in pubblicità.
Non sarebbe una eresia dire che la pubblicità sui marketplaces assomiglia ad una tassa sugli scaffali. Certo che in un corridoio senza fine i posti sono illimitati e si compete con tutti per la visibilità. Devi avere i margini per poter investire in pubblicità.
Ragiona anche su questa trasformazione in atto:
- Amazon è sempre più il posto in cui approdano produttori e marchi per vendere.
- eBay si sta trasformando nel luogo dedicato a commercianti multimarca.
- Eprice in Italia è più di una valida alternativa, è una realtà importante.
- Si può raggiungere ogni paese dell’Eurozona sia con i marketplaces internazionali, che trovando realtà nazionali consolidate.
- Appariranno sempre più marketplaces di settore, dedicati a segmenti importanti di mercato e verticalizzazioni di prodotto.
In ogni caso devi investire in conoscenza -capire e sapere come funziona la SEO sui marketplaces e le campagne di adv. Ma devi anche utilizzare strumenti per gestire meglio i dati e per approfondire la lettura dei risultati.
Domande che non hanno risposta.
Se le cose non funzionano e non riesci ad andare avanti ci possono essere tante risposte, come una sola risposta. Puoi cercare di risolvere la situazione oppure cercare nuove idee per capire se potrebbero funzionare.
Se ci sono fattori esterni che non controlli, non puoi insistere concentrandoti sui fattori esterni.
Non sarai competitivo ovunque su ogni elemento. Non è possibile forzare un’equazione per adattarla a un risultato desiderato. Piuttosto che forzare la tua strategia sui marketplaces, utilizzali per trovare nuove strategie specifiche per loro.
Devi pensare alle opportunità dei marketplaces ed essere flessibile.
In fondo la natura del venditore è questa e questo è l’ambiente in cui bisogna muoversi e lavorare.