Il mese di maggio è tradizionalmente in Italia un mese di bilanci sull’ecommerce.
In attesa di vedere i dati e le quote di mercato, se si osserva con disincanto cosa succede e come sta evolvendo la distribuzione di beni e servizi, si possono trarre alcune utili indicazioni.
La promessa che qualsiasi attività locale, per il solo fatto di mettersi online con una piattaforma di ecommerce, possa raggiungere qualsiasi consumatore in ogni parte del mondo, senza considerare prezzi, prodotti, convenienza, concorrenza, si rivela una idea con poca sostanza.
Ad ogni concorrente che si aggiunge, aumenta la distanza tra il consumatore ed il tuo negozio online.
Bisogna riflettere su come, quando e con quali mezzi, entrare in competizione.
Pensare che non servano mezzi, che si possa crescere in modo naturale – ma nelle intenzioni di ognuno, naturale significa spesso esponenziale, si scontra con il fatto che tutte le attività commerciali, tradizionali o online, vivono di traffico.
È il traffico che determina il valore immobiliare dei negozi, il costo delle locazioni e che porta clienti nei punti vendita. Share on X È il traffico online che porta clienti che cercano prodotti ad incontrare le proposte dei commercianti. Share on XSono in aumento i marchi che vendono direttamente ai consumatori.
Sta saltando anche l’idea che i marchi non possano vendere direttamente ai consumatori per il timore di danneggiare la loro rete vendita.
Il primo ad aver attirato clienti in massa – e investitori, è stato Warby Parker, poi Bonobos e Everlane nella moda. Ma si veda anche Honest Company nel settore dell’igiene e Adore Me per la lingerie.
È un movimento che è nato prima di tutto negli Stati Uniti ed è un movimento che arriva dalla vendita diretta.
Qualcosa che in Italia conosciamo poco, ma che potrebbe essere qualcosa con cui fare bene i conti in breve tempo.
Il principio si è rapidamente diffuso in molti segmenti di mercato: scarpe, accessori, materassi.
Prendi ad esempio Tediber, azienda francese che produce e vende materassi solo online. Presente in Italia da pochi mesi, dal punto di vista del traffico, lascia indietro di almeno cinque distanze i marchi più titolati e noti che producono e vendono materassi in Italia e che non hanno mai costruito una immagine di prodotto, che per loro resta un parallelepipedo senza alcuna personalità.
Unilever ha comprato nel 2016 il marchio di rasoi, venduti solo online, Dollar Shave Club, per un miliardo di dollari.
Walmart si è portato a casa Modcloth, un marchio di moda e sta trattando Bonobos.
In Europa, sono forse i francesi più avanti rispetto ad altri mercati europei e non guardiamo mai abbastanza ai nostri vicini, non fosse altro per imparare qualcosa. Se solo quindici anni fa, osservando quello che succedeva oltre i confini potevamo immaginare un tempo di latenza di tre anni, ora i tempi si accorciano velocemente.
Perché adesso e con quali motivi?
I modelli di vendita diretta non sono nuovi.
Perché questa esplosione oggi? E quanti sono (o saranno a breve) i nuovi partecipanti che vogliono ottenere un posto importante in una linea verticale già dominata da concorrenti ben definiti e stabiliti?
- Le nuove tecnologie hanno abbassato drasticamente le barriere di ingresso.
Le aziende possono progettare, produrre, commercializzare e distribuire prodotti a costi inferiori rispetto al passato. Inoltre possono indirizzarsi anche verso segmenti di clientela che non hanno affrontato in passato. - Se il traffico nei negozi si abbassa, i marchi vogliono limitare la loro dipendenza dai punti vendita.
Il web offre accesso ai consumatori in modo più semplice e meno costoso che cercare di penetrare in una rete di negozi. Inoltre i marchi, saltando grossisti e distributori, vogliono mantenere il controllo della presentazione dei prodotti. - Ridurre il prezzo finale al consumatore. I marchi possono ridurre il prezzo al consumatore, renderlo più attraente e mantenere ancora margini. Dopo aver sperimentato l’efficacia della vendita negli outlet, anche producendo linee di prodotto dedicate, il prossimo terreno è la vendita online.
Anche se aprono alcuni negozi, questi marchi aprono piccole sale di esposizione, non costruiscono catene di vendita.
C’è da aspettarsi una crescita della vendita diretta in Italia, che arrivi da marchi stabiliti all’estero o che arrivi da aziende italiane che scelgono questa strada.
Una offerta, un bersaglio, una idea di comunità.
Il negozio ha un bacino di utenza delimitato, il web permette di affrontare obiettivi di maggiore ampiezza.
Le marche sul web hanno approccio organico, costruiscono identità, rafforzano il rapporto con i clienti. Nell’abbigliamento escono dal calendario delle sfilate e creano contatti più diretti con la clientela.
M.Gemi spinge questo concetto in avanti, lanciando nuovi stili ogni lunedì, con la produzione dei modelli in Italia e venduti in USA. Un time to market del tutto nuovo nel lusso e che si applica anche ai prodotti personalizzati. Il limite è l’ampiezza del catalogo che limita la rilevanza del marchio.
Un altro vantaggio sono i dati forniti dal digitale. I marchi raccolgono i dati dei clienti e imparano a conoscere gli acquirenti finali. Un modo per appropriarsi di tutti gli aspetti della distribuzione e della commercializzazione del servizio: serve per ridurre i tempi di latenza e gestire offerta quasi su richiesta.
Cambiano i rapporti di forza.
La spinta verso la vendita diretta cambia il valore nella vendita al dettaglio.
Vale per i negozi fisici, vale per gli eCommerce esistenti, vale per tutta la catena della produzione e distribuzione.
Alcuni distributori stanno lavorando alle proprie marche, cercando di sfuggire alla tagliola della concorrenza e questo potrebbe preoccupare i marchi già stabiliti. C’è una corsa veloce a prendere l’iniziativa – selezionare i prodotti, proporli alla vendita e questa corsa porterà ad evolvere le strategie di molti.
Zalando, ad esempio, sta guardando molto da vicino i marchi diretti al consumatore e sta impostando investimenti per offrire un un sostegno tecnologico ai marchi, perché lo ritiene uno sviluppo strategico.
La vendita diretta sta mostrando una strada anche alla grande distribuzione, che si sta organizzando per competere con forza sul mercato delle vendite online.
Che si voglia o meno non c’è posto per tutti.
Il panorama di produzione e distribuzione cambia velocemente. Aver ben chiaro cosa succede serve a non farsi cogliere impreparati e a non buttare idee, tempo e denaro in imprese senza possibilità di successo.
Se i negozi resteranno (che tipo di negozi, in quali posti e con quale organizzazione), bisogna capire che c’è differenza tra digitalizzare le esperienze del cliente in negozio e costruire eCommerce improbabili e dal risultato incerto.
Se le imprese vogliono andare alla vendita diretta, devono scegliere il campo, i mezzi e gli strumenti, visto che non basta una generica volontà per avere successo.
È davvero il tempo per fare discorsi di realtà, per non illudersi che basti un po’ di Marketing Paradiso, per assicurare benessere, prosperità e salute alle imprese.