Ci sono molti elementi da considerare quando si valuta lo sviluppo delle vendite online e la crescita dell’eCommerce.
Non si presta molta attenzione alle politiche restrittive dei brand, di produttori e di distributori, nei confronti dei rivenditori e della conseguente offerta di prodotto online.
I punti di vista e gli approcci a questo problema sono molti.
- I produttori sono preoccupati di essere trascinati in una corsa dei prezzi verso il basso, della scomparsa del valore percepito del brand, dei margini per loro stessi e per i rivenditori fisici locali che hanno pesanti spese generali da sopportare e della concorrenza delle merci a basso costo, quando non delle contraffazioni che possono invadere i mercati.
- I venditori rivendicano libertà di vendita su ogni canale possibile e fanno crescere la loro attività, non limitandosi solo alla vendita collegata al negozio fisico, ma espandendo la ricerca di clienti interessati anche nei mercati transfrontalieri.
Controllare la distribuzione.
Oggi l’obiettivo è controllare la distribuzione perché chi controlla la distribuzione è in grado di indirizzare la produzione. Gli anni Novanta del secolo scorso sono stati l’ultimo periodo in cui i mercati potevano funzionare con grandi operazioni di sell in – spingere la merce nei negozi, e grandi campagne di sell out – spingere sull’acquisto per vendere la merce.
L’avvento della tecnologia e il maggior potere al consumatore ha definitivamente cambiato i paradigmi della vendita. Se prima c’erano pochi conflitti di canale -negozi specializzati contro grande distribuzione e/o centri commerciali, oggi è davvero difficile controllare chi vende e cosa vende, dove si colloca l’offerta, i prezzi di vendita.
Indipendentemente dai numeri delle merci che si possono comprare online e dalla effettiva quota della merce venduta online, l’equilibrio si è definitivamente rotto e crescono i conflitti tra le politiche commerciali dei brand e la possibilità che le merci siano vendute al di fuori di regole ed accordi stabiliti.
E se prima i produttori ed i brand erano preoccupati della sola produzione, oggi intervengono pesantemente nelle scelte distributive.
Le politiche restrittive dei brand nei confronti delle vendite online
Le restrizioni più comuni sono:
- Il rivenditore non è libero di fissare i propri prezzi di vendita; ci possono essere sanzioni sono minacciati se non riescono a rispettare l’applicazione dei prezzi al dettaglio consigliati.
- Il produttore o il brand impone divieti e non permette che il rivenditore utilizzi i marketplaces per vendere online i suoi prodotti.
- E’ vietato al rivenditore vendere i prodotti a livello internazionale.
- Sono vietate alcune attività di marketing come posizionare i prodotti del brand sui portali di comparazione prezzi oppure utilizzare il nome del marchio nelle campagne pubblicitarie.
- Il brand si rifiuta di fornire i prodotti, in tutto o in parte, ai venditori online.
- I consumatori che acquistano oggetti online possono aspettarsi minori servizi di assistenza – ad esempio nei termini della garanzia – rispetto ai prodotti acquistati al banco in negozio.
I risultati di un sondaggio.
BVOH una associazione tedesca per lo sviluppo delle vendite online, con sede a Berlino, ha pubblicato un rapporto per dimostrare che esistono molti ostacoli allo sviluppo delle vendite online sia sui mercati interni che nelle vendite internazionali.
Il rapporto presenta con cifre concrete: il 62 per cento dei produttori ha aperto i propri negozi web in questi ultimi anni e i rivenditori sono in concorrenza con i loro fornitori.
Secondo l’indagine di BVOH si lamentano oltre il 50 per cento dei commercianti che dichiarano di aver ha perso entrate da restrizioni delle vendite. Quasi un quinto dei commercianti europei lamenta una perdita annuale del 25 per cento o più.
Una lista di 2000 brands e delle limitazioni alla vendita online, secondo il sondaggio di BVOH.
Secondo Oliver Prothmann, direttore di BVOH
Questi sviluppi emergenti non hanno nulla a che fare con il libero mercato, ma con un mercato proiettato solo verso alcuni giocatori importanti. La concorrenza è impossibile fintanto che i produttori pensano di sopprimere le piccole e medie imprese.
Il BVOH sta invitando gli stati membri della UE ad assumere una posizione comune per sottolineare l’importanza di mercati online per i consumatori e per i rivenditori e per vietare restrizioni delle vendite imposte da produttori e marchi.
C’è una soluzione ideale?
Tutti i rivenditori online hanno ovviamente fornitori, compresi i rivenditori che hanno negozi fisici e vogliono oggi affacciarsi all’online. Tutti i rivenditori hanno concorrenti e tutti hanno fornitori che potenzialmente potrebbe mettere in atto restrizioni sul mercato, quando non lo abbiano già fatto.
Si tratta di una situazione complessa e siamo anche membri di una zona commerciale comune senza restrizioni alla circolazione di beni e servizi.
Alcuni fornitori non mettono alcuna restrizione ed è pure vero che ci sono rivenditori che accolgono questi restrizioni.
Molti rivenditori non vorrebbero alcuna restrizione, vogliono essere liberi di acquistare e rivendere ovunque sia possibile e ovunque si possa fare. Tuttavia sono gli stessi rivenditori che si lamentano quando un concorrente arriva e taglia i prezzi di vendita, soprattutto se è un venditore che potrebbe non avere le stesse spese generali, oppure semplicemente aver deciso di essere molto aggressivo sui prezzi.
- E’ meglio lasciare un mercato aperto?
- È meglio alzare la barriera all’ingresso con valori minimi di ordine e di fatturato annuo?
- Le restrizioni alla vendita online servono a proteggere i brand ed i loro prodotti?
- È meglio che ogni comportamento restrittivo sia eliminato?
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