Aprile è mese di dati sull’ ecommerce in Italia e di bilanci sulle vendite online.
In UK il Centre for Retail Research ha pubblicato una ricerca commissionata da RetailMeNot che esamina e confronta dati dell’ecommerce e copre il mondo occidentale, prendendo in esame US, Canada, UK, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Svezia.
- 351 milioni di abitanti nei due Paesi del Nordamerica rapportati ai 382 milioni di Europei.
- 306,85 miliardi di dollari le vendite online in US e Canada, contro 214,11 miliardi di dollari in Europa.
- 181,5 milioni di compratori online in Us, 17,6 milioni in Canada, 178,9 milioni in Europa.
- 970,78 dollari la spesa media annua di un cliente online in US, 591,59 dollari in Canada, 559,41 dollari in Europa.
- 115,22 dollari la transazione media in US, 95,49 dollari in Canada, 85,63 dollari in Europa.
- In US il 18,7 delle transazioni avvengono su mobile, in Canada l’11,3%, in Europa il 12,5%
La scala delle vendite online in Europa.
Le vendite online di beni in Italia, in rapporto ai 59 milioni di popolazione, la collocano tra i mercati immaturi, come Spagna e Polonia, con strutture commerciali in rete decisamente sottosviluppate.
8,64 milioni di dollari venduti in Italia online nel 2014 con un incremento del 19% rispetto al 2013 può sembrare un dato significativo.
Ma il nanismo delle vendite online in Italia è tutto nel 2,1% di quota di mercato sulle vendite totali. Un dato davvero basso rapportato a paesi come UK, Germania e Francia con cui dovremo avere un confronto alla pari.
Un giudizio impietoso
“Italia e Spagna. Questi paesi hanno mercati online immaturi. Non c’è tradizione di vendita a catalogo (spesso citata come fattore di prima adozione per i compratori online), la qualità dei servizi postali e di consegna delle merci è variabile come la qualità della telefonia, molti consumatori non usano carte di credito e i maggiori dettaglianti, quando e se hanno un sito web, lo usano semplicemente come catalogo per vendere in store. Sebbene le quote di mercato siano storicamente basse, i mercati stanno ora cambiando con la Spagna che raggiunge una quota di mercato del 3% (da 8,13 a 11,3 miliardi di dollari) e con l’Italia che cresce del 19% con una penetrazione dell’online del 2,1% (da 6,31 a 8,64 miliardi di dollari). La diffusione degli smartphone, specialmente in Italia, potrebbe superare le difficoltà legate alle connessioni telefoniche.”
Personalmente questo ultimo passaggio suona sempre strano.
Con tassi di incremento anno su anno simili o inferiori ai paesi leader che hanno quote di mercato superiori di un fattore 5 o 6 rispetto a noi, quando mai l’Italia potrà raggiungere questi Paesi?
Infatti, le previsioni per il 2015 ed il 2016, pur al 19% di incremento annuo, come possono portare la quota di mercato delle vendite online dal modesto 2,1% odierno alle quote dei paesi con cui dovremo paragonarci e competere?
La parte del mobile.
Anche in questo settore le cose non sono così facili e scontate per il mercato italiano.
C’è abbastanza esperienza nelle analisi e nelle previsioni sulla vendita online, ma nel mobile è più difficile.
Perché prevedere la crescita su smartphone e tablet è più complesso e dipende sia dalla attitudine e dalla ricerca di convenienza del consumatore che dalla capacità dei venditori di creare siti mobili che siano sicuri.
Cosa fare.
Difficile prevedere cosa fare e capire dove e come può esserci un punto di svolta.
La crescita delle vendite online si accompagna ad un calo delle vendite in negozio. Ad un incremento del 19% delle vendite online corrisponde, se va bene, un -2% delle vendite on-site.
Ma fino a quando il mondo alimentare, che nelle vendite in store rappresenta tra il 40 ed il 50 per cento delle vendite totali, rimane intorno al 3% delle vendite online in Europa e al 3,6%in US, è difficile pensare ad una crescita generale della vendita online.
Altro elemento da considerare è che il trasporto e la consegna a casa è un modello di distribuzione costoso e se il commercio online vuole crescere deve prevedere un abbassamento dei costi e metodi più convenienti di consegna. Ad esempio tramite il pick and pay, la gestione di punti di resa definiti dai consumatori, anche per le possibili restituzioni, per aumentare le vendite senza costi che crescano fuori controllo.
E’ questione di offerta scarsa a cui corrisponde domanda scarsa.
L’offerta online in Italia è complessivamente scarsa, troppo pochi i pure players significativi, troppi i progetti senza futuro, pochi i venditori nei marketplaces, che pure potrebbero essere una palestra formativa importante.
Oppure, la distribuzione esistente soddisfa le esigenze dei consumatori, è diffusa e capillare, garantisce prodotti e prezzi e l’acquisto online rimane poca cosa, visto che comprende sia acquisti domestici che pochi acquisti transfrontalieri fatti da italiani. Cosa che sembrerebbe confermata dal fatto che gli acquirenti online italiani sono la percentuale più bassa in Europa, rispetto alla popolazione.
La crescita avviene dall’altra parte del mondo.
Ma per quanto siano interessanti i dati delle vendite online in US, Canada ed Europa, impallidiscono di fronte a quello che avviene dall’altro lato del globo. La Nikkei Asian Review riporta che la crescita nel 2014 in China è stata del 25% portando le vendite online (b2b e b2c) a 2 trilioni di dollari, con un settimo della popolazione che compra online ogni giorno ed il 60% che compra online ogni settimana, da comparare con il 21% della media del resto del mondo.