Proprio una settimana fa c’è stata la corsa su Facebook per avere il proprio “vanity url”. Si trattava di scegliere tra alcune possibilità in modo da sostituire un indirizzo web composto di numeri con la scelta di un nome. Ma si sarebbe potuto scegliere anche un nickname, magari lo stesso che si usa in altre situazioni o quello con cui siamo maggiormente conosciuti.
Una scelta apparentemente molto facile, ma ricca di possibilità e significati.
Io ho scelto il nome e cognome, in fondo mi piace, mi conoscono come giovanni cappellotto e cerco, dove più possibile di usare il mio nome e cognome. Altri hanno fatto la scelta del nickname con cui sono più conosciuti e chiamati.
Negli stessi giorni ho più volte riflettuto sulla questione e su come si mescola nei fatti il profilo personale ed il profilo professionale nella quotidianità dei social media che è diventata l’abitudine della nostra vita.
Se prima dell’utilizzo massiccio di questi strumenti, era possibile tenere separato dalla propria attività lavorativa i gusti e preferenze personali e gestirli poi nel privato della casa, fuori dal lavoro e dalla professione, mantenere una linea di netta demarcazione è sempre più difficile, se non impossibile e molto faticoso.
Prima priorità: mantenere un buon livello di comfort
Mi sembra utile non mescolare il proprio livello professionale con il profilo personale se non ci si sente a proprio agio.
Si può essere d’accordo che la persona, o l’ azienda personale che in molti coincidono, includa aspetti importanti su chi siamo e sui gusti personali; ci si può sentire a disagio nel condividere informazioni sulla famiglia, ed anche solo mescolare i vecchi ricordi di scuola sul profilo personale, se obiettivo del profilo è dare informazioni e referenze sull’ attività professionale.
Più di ogni altra cosa è una questione in cui si si deve muovere con sicurezza ed è uno dei motivi per cui bisognerebbe, e molti lo fanno, tenere separati i profili personali dai profili professionali. Quando ci si sente costretti in una parte che ci crea disagio, è meglio separare bene le cose tra il profilo personale e professionale.
Nulla è veramente privato sul web
Essere consapevoli che nulla è veramente privato sul web, è un buon modo per affrontare la questione. Gestire una buona comunicazione bi-direzionale non sempre è facilissimo e si basa su rapporti di fiducia reciproca. Tenere una linea di condotta costante e ben definita, è molto meglio che cercare di adattarsi ad ogni situazione o gestire in modo diverso profili ed identità diverse.
Quello che mi ha fatto scegliere nome e cognome come vanity url su Facebook è l’idea che io non sono il lavoro che faccio e che mi è più facile farlo sempre allo stesso modo.
E’ la stessa scelta che ha motivato chi ha scelto il nick con cui è da tutti conosciuti: una scelta più trasparente rende la vita più facile.
Non essere noiosi
I social network stimolano la curiosità per le idionsicrasie. Quando le persone esplorano i profili si sentono più rassicurati nella possibilità di approcciare le persone se non avvertono il mantenimento di una distanza artificiale, che è spesso data dalla noia della loro rappresentazione.
E’ lo stesso effetto che mi da il politicamente corretto, l’ovvio e lo scontato: un senso di noia profonda.
Inserire anche aspetti non convenzionali ed insoliti può rappresentare uno strumento potente che permette alle piccole imprese di competere sul web con le grandi aziende.
Tony Hsieh, il Ceo di Zappos (che proprio piccola azienda non è certamente) ha creato un account Twitter per il proprio gatto @el_gato. Giustamente el_gato non fa solo tweets ma anche miao (meows) con 2.318 seguaci.
Ma anche sul blog di www.maxistore.it che è una piccola azienda con un bel fatturato online, diversi articoli sono scritti da Max, la mascotte dell’azienda e le newsletter alle migliaia di cliente le firma sempre Max, il leone.
Riconciliare le identità
Riconciliare le identità professionale e privata è la scelta probabilmente più opportuna, proprio perché i social media non separano la realtà in bianco e nero, ma mescolano i colori in un caleidoscopio di possibilità che non sono possibili in altro modo e che non erano nemmeno immaginabili.
E’ possibile partecipare alle conversazioni da professionista del proprio lavoro, da appassionato di musica, da fan della cucina tradizionale o da amante delle buone letture classiche allo stesso tempo, sempre che non ci senta costretti a farlo perché così fan tutti.