Quando si leggono le politiche sulla privacy di molti negozi online si ha una netta impressione. Le politiche sulla privacy sono messe lì da qualche parte sul sito, ma il negoziante per primo non sa cosa dice e cosa sta raccogliendo. All’interno del sito, c’è poi parecchia confusione.
- “Iscriviti alla newsletter” e mancano strumento di controllo e verifica così che si potrebbero inserire indirizzi mail a caso.
- “Accetta le condizioni sulla privacy” e non ci sono i dati dell’azienda responsabile.
- Richieste di dati obbligatori in form di contatto inutili ai fini della registrazione.
- Per arrivare a siti che, nel passaggio da una versione all’altra, copiano ed incollano username e password degli utenti che dovrebbero essere protette e non accessibili.
Potrebbe essere meglio scrivere: “non abbiamo nessuna idea di quello che stiamo raccogliendo e di quello che faremo con questi dati” oppure “prendiamo tutti i dati possibili e li useremo in tutti i modi che vorremo”. Non è certo il miglior modo di porsi, ma è il sottotesto che si legge in molte situazioni.
L’e-commerce vive con i dati.
Vendere online significa catturare traffico qualificato, trasformare visitatori in clienti e lavorare sul ciclo di vita del cliente.
Il traffico si cattura in ogni punto di contatto con i possibili navigatori, sulla ricerca organica, sulla ricerca a pagamento, sui motori di comparazione dei prezzi, sui siti di couponing, sui marketplace, con le vendite flash, con i deals, con landing page, con mail marketing, sui network social….
Ed ogni volta che si cattura traffico si catturano anche dati.
Vi è poi l’aspetto della profilazione del comportamento dell’utente, perché sappiamo tutti che, qualunque sia il prodotto venduto, è più facile vendere due volte allo stesso cliente che acquisire un cliente nuovo.
Alla fine, succede che i rivenditori raccolgono, memorizzano, confrontano, condividono ed utilizzano una grande quantità di informazioni personali. Se poi il negozio online è il terminale di una catena di negozi diffusi territorialmente e presenti in paesi diversi, pensate anche a tutti i programmi di fidelizzazione e ai terminali di cassa e ai vari soggetti coinvolti.
Va a finire che si condividono dati anche con persone che non sono mai state considerate nelle politiche sulla privacy.
Ad esempio si dichiarano di condividere informazioni con i fornitori per dare beni e servizi. Ma per quanto riguarda commercialisti, avvocati, revisori, consulenti ed altri ancora?
Si condividono dati anche con le persone che non si sono mai considerate nelle politiche sulla privacy. Ad esempio, si può dichiarare di condividere le informazioni con i fornitori dare beni e servizi. Ma per quanto riguarda gli avvocati, commercialisti, revisori, autorità di regolamentazione, consulenti e altri ancora?
La privacy può essere invasa attraverso la raccolta o l’impiego, compresa l’aggregazione e la ricerca, dei dati dati personali.
E’ quindi meglio focalizzare l’attenzione su come i dati sono usati, piuttosto su cosa è raccolto.
E qui c’è ancora molto lavoro da fare.
Foto di Tayeb MEZAHDIA da Pixabay