Costruire un network per la distribuzione di contenuti è il buon obiettivo da porsi quando si programma la propria presenza sul web.
Venerdì 28 ottobre ho partecipato al SEO web marketing experience, organizzato da Enrico Madrigano con molti ospiti e relatori autorevoli, ed in genere questo è stato il filo conduttore di molti interventi, con diverse accezioni presentate.
Per la mia formazione culturale e per le mie esperienze di lavoro, è faticoso immaginare che tanto possa giocarsi a livello di costruzioni tecniche che abbiano il fine principale di aumentare le prestazioni di un sito sui risultati organici. Noto anche che in molte situazioni ci sia una sottovalutazione della parte sociale del web, oppure una sopravvalutazione, come se fosse possibile pensare ad una realtà scissa, con due parti del web in battaglia per una egemonia. Penso sempre che la qualità dei contenuti sia la condizione indispensabile per qualsiasi costruzione si pensi di fare.
La distribuzione dei contenuti.
5 Rules of Social Media Optimization (SMO) è un articolo pubblicato ad agosto 2006 da Rohit Bhargava quando pochissimi praticavano Facebook e non esisteva l’attuale enfasi sul web sociale. A distanza di cinque anni è ancora un articolo illuminante.
Se può sembrare ovvio che distribuire i propri contenuti nel modo più opportuno sia il compito principale di un marchio, perché ci si imbatte ancora in molte aziende senza alcuna rete di distribuzione? Oppure perché molti siti nascono senza alcun rapporto con il web sociale e pure con la massima sottovalutazione dell’aspetto SEO e dell’usabilità?
Del resto tutto si tiene, ed è difficile che alla sottovalutazione di un aspetto non corrisponda una generale sciatteria organizzativa, come a dire che il progetto di presenza online è stato costruito con due piedi sinistri.
Una buona rete di distribuzione dei contenuti è spesso indicata come un modello di presenza sul web di un brand simile ad una ruota con i raggi. Una base operativa può anche essere una pagina web, un blog, ed i raggi sono le proprietà web fuori dominio.
Penso a come evolve rapidamente il concetto di e-Commerce senza essere legato al solo sito web di vendita, e come si riorganizzi attorno ad una presenza multipla. Non la ripetizione della stessa offerta in tanti posti diversi, ma offerte diverse costruite attorno a luoghi e comunità diverse.
Social Search.
La ricerca sociale fa il web importante. YouTube è ormai un motore di ricerca, così come l’integrazione spinta di un sito con Facebook porta la ricerca dentro Facebook. Il mio uso di Twitter è più alla ricerca di argomenti e siti, che come strumento di comunicazione.
I marchi dovrebbero aver tutti contenuti ottimizzati all’interno di queste comunità, per essere trovati dai navigatori. La stretta integrazione è la chiave di successo per una rete di distribuzione di contenuti.
Ma questo significa che bisogna pensare in modo strategico quando si postano messaggi e lavorare a stretto contatto con un bravo SEO per capire quali sono le ricerche rilevanti che le persone usano per trovare i prodotti ed i servizi.
Presenza ubiqua.
Il risultato dovrebbe essere che il brand aiuta, agevola, il viaggio dei contenuti nella rete. La creazione di una comunità di interesse attorno al brand non è solo una operazione di chiamata a raccolta delle persone interessate, ammesso che una chiamata di questo genere funzioni.
Creare contenuti che siano facili da trovare nelle varie parti del web che si vanno a presidiare, ha molto più a che fare con la relazione tra scopo della pagina ed intento del navigatore, che non con un’azione di spam e diffusione massiva.
I contenuti dovrebbero essere strategici, pertinenti e soprattutto umani e bisognerebbe pensare alla gestione delle comunità online e alla formazione delle persone che lavorano come community manager.